Il dolore degli altri tra spettacolo e paura

Il dolore degli altri, quando non è  fastidioso ingombro o lampo di paura, è uno spettacolo, il piatto forte di trasmissioni tv e social.

Pochi giorni fa affondavo i passi nei pensieri miei lungo le vetrate dell’Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro di Candiolo. Appena svoltato verso l’ingresso mi sono imbattuto in un capannello di persone, ma non è stato quello a bloccarmi, è stato un singhiozzare forte, continuo, disperato, il pianto di una donna aggrappata con le braccia al collo di un’altra figura che l’accarezzava. Non sapevo quale sofferenza stesse gridando: una diagnosi senza vie di fuga, per sé o per una persona cara, oppure una morte appena

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Morti di Stresa, uno specchio atroce

Morti di Stresa, perdonateci. Non è stato malanimo il nostro,  ma un miscuglio nauseante di fretta, individualismo,  cecità di comodo. Egoismo. Ora, come è istintivo e giusto, piangiamo la vostra morte quasi sacrificale, puntiamo dita arroventate contro tre arrestati e malediciamo la scellerata legge – il profitto – che in un attimo vi ha consumati come carburante. Ma noi già sapevamo che sareste stati divorati.

Perdonateci, morti di Stresa. Siamo complici fantasma di chi ha eliminato il freno della vostra salvezza, perché – pur spargendo di quando in quando lutto e dolore, ira e odio – ci siamo abituati al rituale per cui al dio profitto si offrono vittime.  In

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