Weinstein, gli stupri e il silenzio

Stupri, abusi, ricatti sessuali, La ripugnante storia di Harvey Weinstein contiene un secondo dolore: gli anni di silenzio delle vittime. Al quale si reagisce torcendo su di loro parte della colpa, sospettando un assenso rinnegato, scordando schifo, vergogna, dolore, paura.

Weinstein ha ammesso la sostanza dei fatti, tanto che si è rivolto a una clinica specializzata. Ma l’emotività collettiva è imprevedibile. Colpita da numero e notorietà delle attrici (una trentina) reagisce su più terreni. L’istintiva autodifesa di fronte all’inaccettabile spinge a condannare chi ha taciuto fino a che si è formato il coro e a mettere in dubbio la gravità dell’accaduto. Chi considera superiori le celebrità non ne riconosce le paure e ora le accusa d’aver col silenzio creato altre vittime. Il maschilismo sospetta un interesse e quindi una partecipazione rinnegata al momento opportuno. rifiuta di accettare le sfumature psicologiche della violenza, ammira il potere (la famosa frase di Trump sulle donne…), fino al linciaggio verbale, come è toccato ad Asia Argento. Li ignori: l’impotente desiderio si stravolge spesso in rancore e odio.

Non si può bastonare senza riflettere la denuncia tardiva. Ma non si può nemmeno stupirsi che questa – proprio perché venuta da figure famose – colpisca e disorienti anche i più pacati che, oltre a seguirle e ammirarle, coltivavano una sorta di immagine superiore delle loro “dive” e immaginavano una reazione non soltanto alla violenza che le colpiva direttamente ma anche di protezione verso sconosciute e solitarie vittime potenziali.

Ognuno ha i suoi tempi, anche le celebrità, per assorbire uno shock, affrontare in pubblico una ferita terribile. Chi oggi massacra il “coro” sia sincero: se una qualunque aspirante attrice avesse denunciato la stessa cosa, quanti ci avrebbero visto un’ardita manovra pubblicitaria per abbreviare i tempi dell’ascesa? E nessuno si è chiesto se questo condiviso ritardo non contenga altro, cioè la sfiducia nel sistema giudiziario di un Paese, gli Stati Uniti, citato come paladino dei diritti del più debole: che cosa poteva una ragazza agli esordi contro un uomo noto, potente, influente anche nelle elezioni (e là il Procuratore distrettuale è eletto o nominato dal Governatore), finanziatore di campagne. Come sarebbe stata presto smontata la denuncia? con il massacro della denunciante? Per usare la sintesi di Asia Argento, sarebbe uscita ufficialmente “troia” dal palazzo di giustizia?

Per quanto tardi si alzino le voci, anche il ritardo merita di esser capito prima d’esprimere giudizi. E se invece qualche voce si è unita al “coro” per altro motivo, paghi il conto alla legge e alla gloria. Ma queste vittime e quanti assistono confusi o sprezzanti o disgustati alla vicenda abbiano un pensiero per chi, restando la sua vita nell’anonimato, senza il potere della notorietà, continua in mille realtà anche più piccole a lacerarsi tra silenzio e paura.