Assassini sì, ma senza cattiveria

Ci siamo tutti fra gli assassini e le vittime dei Delitti così di Maurizio Assalto (L’Erudita). Venticinque racconti rapidi, ironici e impietosi, nei quali gente quieta e che definiamo normale mal sopporta qualcosa o qualcuno e risolve il problema uccidendo. In casa, in strada, al ristorante, in ufficio, arroganza o noia, ribrezzo o petulanza accendono il lampo di pensiero – “dovresti morire” – che i freni inibitori in genere bloccano. Quei freni Assalto li dissolve e i suoi personaggi vanno fino in fondo. E noi, resi complici dalla scrittura scattante, sappiamo “che non si fa così”, ma pensiamo che “in effetti…”.

A un fidanzato diviso tra noia e compassione offre la via d’uscita un mezzo meccanico al lavoro. Un bullo finisce i suoi giorni non a causa della bieca arroganza ma per un fastidioso dettaglio del suo corpo, una rapinatrice perché puzza. Un raffreddore incancrenito in una snervante cantilena, una mefistofelica e irridente risatina in un locale pubblico, l’uso smodato e volgare d’uno stuzzicadenti stanano l’omicida nel tranquillo individuo. Come rispondere all’inesorabile serpente di pedoni ciechi al semaforo? Accelerando d’improvviso. Come reagire al ciclista che della sua dannata pista invasa per un attimo con tanto di scuse fa il più importante diritto dell’uomo? E ai due imbecilli che bloccano il traffico per litigare su una svolta? Eliminandoli.

In un saggio del 1996 intitolato appunto Voglia d’ammazzare scriveva Vittorino Andreoli: “Occorre subito premettere che il desiderio di uccidere un uomo o una donna è molto forte in noi, tanto da poter tranquillamente affermare che ciascuno, in condizioni di impunità e di assoluta segretezza, avrebbe qualcuno da uccidere immediatamente. Se non uccidiamo è per la vergogna e per la paura della pena, non certo per il rispetto dell’uomo in quanto tale. Ciascuno di noi ha almeno un nemico, antipatico e odioso, che gli ostacola il corso esistenziale: un predatore, un totalmente diverso da noi, un quasi-uomo, un animale. Le offese con cui lo definiamo riportano alla animalità (porco, maiale), o ancora meno, alla materia organica (stronzo, pezzo di merda)”.

Se lo scienziato Andreoli spiega poi come si forma l’autocontrollo, il filosofo-narratore Assalto sta a vedere e ci mostra che accade se un guizzo o un martellamento, un’occasione o una variabile fanno tirare innanzi senza che la morale o le regole sociali si mettano di mezzo. Talora è un lampo (la vista di qualcosa senza la quale non si agirebbe), talora invece è una razionale – e condivisibile – analisi, come nel caso del laureato in filosofia che in sala riunioni sempre meno tollera le parole in libertà, mal combinate, collage di espressioni vuote, con le quali il funzionario idiota spiega la “filosofia” dell’azienda.

Scrive Assalto all’inizio che questo libro non sarebbe nato senza i Delitti esemplari di Max Aub (Sellerio). Ma mentre alcuni assassini di Aub hanno una più o meno vaga coscienza del dopo (“che diano pure la colpa al vento”, “credo che questa sia un’attenuante”), quelli di Assalto si svelano a noi nel germogliare e fiorire dell’omicidio, nel dettaglio di parole, pensieri, gesti. I racconti sono profondi e frizzanti proprio perché condividiamo il crescendo, persino in diialoghi surreali eppure verosimili, come nell’esilarante confronto tra l’aspirante suicida e la moglie che lo sorprende con la rivoltella. L’uomo che dopo aver ucciso prepara la valigia come fosse quella per un viaggio d’affari vive il presente e il sé futuro, ordinato e pulito, non certo la pena che sarà inflitta, la detenzione, il pentimento. Tutti questi assassini, e con loro le vittime, seguiti nel dettaglio del momento, resi spesso simpatici da situazioni, battute, ragionamenti, alla fine sembrano dire: “Andava proprio fatta ed è fatta. E pure bene”.

A Maurizio Assalto dobbiamo un romanzo coraggioso e per sempre attuale, Se verrà domani (Cairo), monologo d’un uomo che in salute si era pronunciato per la propria eutanasia nel caso di sciagura e che, risvegliandosi dal coma, cambia idea ma non è in grado di esprimersi per fermare gli eventi. Se là, su basi filosofiche, si imponeva la profondità misteriosa di  una tragedia, in questi racconti  la morte scorre nella “normalità” del delitto, nel suo paradosso, nei “futili motivi” oggi così frequenti, nella sproporzione tra causa dell’ira ed effetto. E possiamo sorridere, perfin ridere senza vergogna, mentre diciamo: questo mascalzone avrà esagerato, d’accordo, però…