Bello lo spot! E ritrovarsi come Tortora

Oggi hanno girato un filmino di governo sul “mostro in gabbia” Cesare Battisti, condannato. Ieri fu esibito in manette Enzo Tortora, innocente. C’è chi si ribella alle polemiche sullo spot  e sfotte: “I ministri in galera, Battisti libero e santo”. Una provocazione, certo, un invito a non trasformare l’indignazione in eccesso di difesa del detenuto, ma è scaldata dall’esibizione del “trofeo”, dalla narrazione del “male imprigionato”.

A quanti mal sopportano il giudizio severo sullo spot è bene ricordare  il caso di Enzo Tortora e non certo per accostare Battisti a Tortora, bensì per accostare ciascuno di noi a Tortora e al trattamento “pubblico”, che o è legittimo sempre o non lo è mai, perché – qualunque sia la sua colpa – riguarda la dignità di un uomo sotto custodia dello Stato in nome del civile (si presume) popolo. Di sicuro  gli avversari della polemica troveranno giusto in un domani essere esibiti allo stesso modo nella malaugurata eventualità di un pentito confusionario o cialtrone, di un loro sosia dentro una telecamera di sorveglianza, di un clamoroso errore giudiziario che su una vicenda terribile li indica con apparente certezza quali mostri. Di fronte a imputazioni orrende, prima che la verità sia ristabilita fisseranno la telecamera e scandiranno: “Io sono innocente, però sono d’accordo che si fa così. Bravi, ancora un primo piano con la faccia stralunata, piacerà ai miei bambini e ai compagni di scuola”.

Qualcosa di analogo minaccia, o ammonisce, quanti hanno soluzioni facili: “I migranti? Si rispediscono in Libia e tutto è risolto”. Tutto? O soltanto la nostra fetta? E’ irrilevante il trattamento che ricevono là? Può accadere anche qui, però, qualche conseguenza poco piacevole. Facciamo l’ipotesi di due di noi aggrediti in strada da malfattori, bianchi pure loro e ben vestiti: determinati e veloci a difenderci ingaggiamo una lotta. La prima pattuglia che interviene ha l’impressione d’una rissa e tenta di placarla. Caso vuole che ragionino come i carabinieri che hanno “placato” Cucchi. Gridiamo:  “Siamo le vittime!”. E loro, veri duri: “Dite tutti così”, e giù legnate. Di sicuro anche noi aggrediti riterremo irrilevante lo spiacevole finale che ci tocca: essenziale era togliere quel brutto e pericoloso spettacolo dalla strada.