Cronacavirus 2 – Tutti a Samarcanda?

Nei Tg dell’ora di pranzo scorrono immagini dolenti della popolazione di Vo’ Euganeo che, dietro le transenne, aspetta di essere sottoposta a un nuovo tampone “per definire la situazione attuale di contagiati e immuni”. Con o senza mascherina, uno accanto all’altro o a gruppetti, a volte neanche venti centimetri di distanza. Confrontando i risultati di oggi con quelli di un nuovo tampone da eseguirsi fra venti giorni sapremo con esattezza quanti si sono contagiati durante la prevenzione.

Ore 12. Ottimismo davanti ai bidoni dell’immondizia di carta e plastica. <Come va?>. <Non ne posso più: coronavirus al tg, nei talk show, perfino nei programmi che una volta parlavano soltanto di corna, delitti, vecchie glorie finite in malora, liti in famiglia>. <E’ un tema inquietante, ovvio che se ne parli ovunque>. <Sarà. Ma io ieri sera mi sentivo la febbre anche se non l’avevo. Sai che faccio? Mi trovo un posto sperduto, lontano, che so? un’isoletta nel Pacifico, una baita su una montagna, faccio provviste e me ne sto lì>.
<Giusto. Però prima di partire ascolta bene il testo di Samarcanda di Roberto Vecchioni e pensa: e se fossi come quel soldato?>.

Questa notte, dopo aver verificato se avevo seguito tutti i consigli che ripetono ogni giorno (mi sono lavato le mani così bene che dall’acquedotto mi hanno telefonato: <Per favore ne lasci un po’ anche per gli altri> ), verso le due ho preso un bel libro (Il sottotenente Summenzionato, di Jurij Tynjanov, Sellerio editore) e me ne sono andato sotto le coperte a leggere un po’. Stavo proprio bene. Perciò mi sono misurato la febbre: 36,8.  Perché il termometro se stavo bene? Per un episodio di qualche anno fa. Mi svegliai con un dolore atroce al petto, chiamai il 118 e dissi che temevo un infarto. Per non perder tempo attraversai il giardino e attesi l’ambulanza sulla strada. Il medico rianimatore mi fece distendere in barella, e dopo pochi minuti disse:  <Non è il cuore, solo tachicardia, sono i polmoni. Dolori di testa, freddo, caldo, brividi?>. <Niente>. <Strano, lei ha 40 di febbre>. Un genio: aveva ragione. Finii, per polmonite virale fulminante in Rianimazione, venti giorni in coma farmacologico, intubato e con tanti drenaggi nel torace che sembrava mi uscisse fuori una piovra.
Proprio quell’episodio mi è tornato in mente ieri sera: mi dicono di non baciare, non stringer la mano, lavarmi tutti i momenti fino ai polsi, stare a un metro di distanza dagli altri, non uscire. Ma nessuno mi dice: tenga sotto controllo la temperatura, a volte sale senza dar segnali.

Spero sia una bufala colossale, ma se è una notizia vera il governatore Luca Zaia è un maestro dell’assurdo. Lui si è sbizzarrito con i topi vivi e una cosiddetta influencer non ha perso l’occasione per far l’amplificatore. Altre e altri della categoria hanno sparato bestialità altrettanto balorde. E proprio a loro – con quell’appellativo che è di per sé un’influenza – lui vorrebbe affidare una campagna di comunicazione. Già l’immagino:  <Coraggio, ragazzi, fatevi contagiare poi mandatemi le vostre foto durante un prelievo, un tampone, un clistere e le vedrete pubblicate con i miei commenti>.