Fabrizio De André faticava ogni volta ad affrontare il palco: per timidezza, ma soprattutto per il timore di non offrire quanto il pubblico si aspettava. Poi, davanti al leggio, si offriva con generosità infinita. Dopo la serata, stanco e sorridente, accoglieva chi riusciva a conquistare i camerini, ascoltava, rispondeva, domandava. Spiegò: “Mi sembra di aver dato poco con un concerto, di non aver dato abbastanza, e allora trovo giusto rispondere a una loro domanda, avere le loro opinioni”.
Vent’anni dopo la sua morte continuiamo a fargli domande, a chiedergli riferimenti spirituali, politici, sociali, letterari o dettagli di un’ispirazione, un suono, un