Sparo parole, dunque esisto

Le parole forti e senza senso fanno presa subito, la riflessione toglie potenza all’impatto emotivo, quindi alla coscienza d’esistere di chi parla. E questa è la spiegazione più ottimistica, perché comunque prevede un calcolo, a suo modo un rozzo pensiero. Più triste è arrendersi all’evidenza: è andata dispersa prima la volontà, poi la capacità di pensare.

Ecco pochi depressivi esempi. Banale e ormai abusato è l’ex presidente Renzi che, invece di trasmettere incredulità,  pur di  mostrar rigore diffonde sfiducia nel padre con la proposta di “pena doppia”. Per non esser da meno, o forse per forte amicizia, il padre del ministro Luca Lotti ci rassicura che suo figlio è tranquillo, ma specifica “noi meno”. Il messaggio che resta: ognuno conosce i suoi parenti meglio degli estranei.

Il terreno politico è di per sé insidioso, troppi analizzano i reconditi significati di quel che dici. Si può allora provare a navigare più  leggeri nello spettacolo. Alba Parietti, in un programma tv del pomeriggio, narra ai telespettatori la fatica di partecipare a un programma della sera e descrive la dura prova in clima di clausura: “Quando siamo lì, per ore, non sappiamo nemmeno se scoppia una guerra”. Perdoni, signora: a parte che oggi tutti vanno in scena col cellulare acceso, siete “prigionieri”, ma in studi televisivi. Nelle grandi strutture non giungono echi di notizie? La signora Parietti è drastica: è come in carcere. E’ vero che in carcere, fatta eccezione ogni tanto per qualche boss mafioso, non si portano telefonini, ma in cella si guarda la tv, si è più aggiornati che in un camerino. Ecco perché c’è chi sostiene che i reclusi stanno troppo bene, “hanno perfino la tivù”:  se non c’è nei camerini delle Parietti, toglietela dalle prigioni, altrimenti quelli guardano e poi magari pensano.

Un capolavoro di autolesionismo è venuto da un giustamente spaventato e incautamente giustiziere Facchinetti junior. Dopo un’intrusione di malviventi in casa del padre, dichiara dj Francesco: “Mi procuro un arsenale e chi entra non esce vivo” (poi corretto: sono per la legittima difesa – che già esiste nel codice penale – contro chi minaccia la sicurezza). Anche a lui un consiglio di pensare, se non prima di parlare, almeno prima di agire: se si procura un arsenale, l’unico a uscir malconcio rischia di essere lui. Primo: criminali esperti e senza scrupoli arrivano sapendo che c’è da rifornirsi d’armi per un bel po’ (li ha avvertiti lei, signor Facchinetti) e quindi preparati allo scontro, con la differenza che loro sono allenati. Secondo: se proprio vuole sparare addosso a chi ingiustamente minaccia la sua sicurezza, lasci stare gli arsenali, perché poi perderà tempo a cercar di tener tra le braccia kalashnikov e bombe a mano, fucile a pompa e pallottole dum dum. Compri una sola maneggevole pistola di piccolo calibro, fa male e, se proprio ci tiene, può anche uccidere,e può tenerla in tasca, pronta all’uso. Si ricordi che se non toglie la sicura non spara neanche quella, se la toglie quando non è il caso può fare danni imbarazzanti.

Il capolavoro però è don Giuseppe Larosa, parroco di Zungri, nel vibonese, che con la telecamera si riprende mentre punta un’antica arma verso il televisore dove in quel momento è inquadrata Susanna Camusso. E posta su Facebook: “Io questa me la farei. Fuori”. Maestro della pausa narrativa, ha messo (e poi tolto) in rete la più completa confessione: voglia d’uccidere (come vede abbiamo capito il doppio senso, reverendo), voglia di sesso, voglia di una donna che, seppur separata, è sposata. Un prete alternativo.