I due carabinieri e la grande cecità

I due carabinieri di Firenze, mentre infuocano il disgusto, illuminano il contagio sociale di una cecità che fa paura: la convinzione di farla franca anche quando è oggettivamente impossibile. O, viceversa, l’atteggiamento per cui “ora faccio questo, poi sarà un’altra storia”.

Uno dei due militari ha spontaneamente ammesso di aver avuto durante il servizio un rapporto sessuale con una ragazza è si è difeso, o ha cercato di alleviare la propria posizione, dicendo: “era consenziente”. E ha aggiunto: “Non mi sono accorto che fosse ubriaca” Molto resta da capire e l’indagine non è finita. Ma le prime riflessioni sono dolorose.

Si tratta dell’equipaggio di una pattuglia di pronto intervento, quindi in costante collegamento radio con la centrale e avvezza a ogni tipo di allarme. Secondo i primi accertamenti i due carabinieri “danno un passaggio” a due private cittadine, abbandonano l’auto in strada per una ventina di minuti, varcano il portone, fanno sesso con persone alterate da sostanze (esami compiuti in ospedale)e quindi non padrone di sé e delle proprie scelte. Poi se  ne vanno.

Questi due uomini sono abituati a piombare su emergenze, magari simili a questa, sanno che la gazzella non è un taxi, sanno che lo stato di inferiorità creato dall’ubriachezza e dal ruolo di chi si ha davanti è contemplato dal codice penale, sanno riconoscere uno stato di ebbrezza di un automobilista prima ancora di procedere con l’etilometro, sanno che in giro per Firenze non ci sono duemila pattuglie, ma forse una decina, sanno che – se anche sul momento non c’è resistenza o perfino c’è un distorto assenso – l’indomani si vedono le cose in un altro modo. Sanno infine che in caso di denuncia individuare loro è molto più semplice, perfino banale, che individuare uno scippatore, un pusher, uno stalker anonimo, un fuori di testa che gira i marciapiedi minacciando la gente. Sanno ogni dettaglio della gravità di ciò che stanno facendo e sanno, o forse hanno messo in sonno questa consapevolezza, che non ci saranno scappatoie.

Eppure si concedono – lo verificherà l’inchiesta – uno stupro in senso tecnico o una illecita sveltina. Caricano le ragazze ed entrano nel portone sapendo, istintivamente sapendo, non soltanto di mancare al servizio e ai fondamenti del loro ruolo, ma anche (a meno che non fossero completamente ubriachi anche loro, il che spiegherebbe senza giustificare, anzi aggravando due volte) che con molte probabilità il finale non potrà essere altro da quello che stiamo leggendo. Anche su questo, senza alleggerire l’indignazione, dobbiamo riflettere. Alle risposte dei magistrati sarebbe interessante si aggiungessero quelle di uno psichiatra. Si sono comportati come uno che va a fare il pic nic sui binari del treno confidando nella perspicacia del macchinista e nella possibilità di un convoglio di sterzare ed evitare l’ostacolo. Quale cecità improvvisa li ha condotti per quella strada? Un grossolano appetito sessuale, per di più condiviso da due colleghi nello stesso momento, non basta. E speriamo non dicano, come molta della gente che hanno fermato nella loro carriera: “Ho fatto una cazzata”.

La cecità sulle conseguenze dei propri gesti è la scintilla che incendia l’assenza di morale. Ed è prassi quotidiana: si grida allarme in una piazza per vedere il panico, si aggredisce un profugo e poi ci si mette in rete (sono io, sono io!), si incendia un barbone “per dargli una lezione” sotto telecamere di sorveglianza, si insulta e si augurano stupri sul web nascondendosi dietro un nomignolo come fosse un bunker antiatomico, si dà un cazzotto in faccia a un passante a caso per sfida con gli amici sotto gli impianti di sorveglianza d’una banca. Il dopo non c’è, la resa dei conti non esiste. Mentalità primitiva? Delirio d’onnipotenza? O, più semplicemente, con il freno morale si va dissolvendo anche quello della paura, della coscienza di conseguenze? O il pensiero che le conseguenze sono qualcosa di vago?

Anche se non ci fosse stata aggressioni fisica, il comportamento dei due carabinieri resta terribile innanzi tutto per il disprezzo e la violenza di uomini sulle due ragazze; poi per il fango che inevitabile rischia di cadere ingiustamente sull’uniforme e il ruolo di un’Arma ricca e orgogliosa di generosità e sacrifici; per la cecità coltivata mentre sono in strada a tutelare gli altri; per la consuetudine a intervenire per mestiere proprio contro altri  che sono convinti dell’assenza di conseguenze. Pensare che portavano anche una pistola al fianco è inquietante.