Furore di Steinbeck e furore italiano

Furore di Steinbeck portato in tv da Baricco con Bianconi ha avuto doppio effetto. Ha offerto cultura a tutti, ma  ha anche colorato – attraverso le reazioni – una cartina di tornasole di questo triste Paese.

Facendo scorrere con  pazienza commenti, applausi e compiaciuti inni al “fallimento” della serata (splendida), si capisce il gigantesco buco nero dal quale sgorgano sui social tante furibonde porcherie, prime fra tutte quelle  razziste e sessuofobe.

Prima, durante e dopo si sono espressi quelli con interesse per Steinbeck, gli estimatori di Baricco e quelli a priori fiduciosi in lui più che in Steinbeck, quelli con scarsa abitudine alla lettura ma attratti dal personaggio in video e comunque curiosi d’apprendere. Insieme a tutti loro, anche quelli cui non pareva vero poter pubblicamente disprezzare la cultura e con essa chi, noto e apprezzato, la porgeva dentro una scatola deputata a grandi fratelli, isole di più o meno famosi, sangue e pianti dell’intrattenimento pomeridiano.

Anziché, come sarebbe ovvio, opinioni a favore e altre di dissenso, discussioni o totale disaccordo con scelte e impostazioni, chi abbia scorso con pazienza gli attacchi non ha trovato nulla sulla serata, ha visto soprattutto due povertà:  compiaciuto disprezzo per la cultura e astio verso uno che è diventato famoso scrivendo letteratura anziché riempiendo un profilo di fotografie mentre si lava i piedi o va al cesso.  “Baricco fa flop” scrivono con tono di vittoria in Twitter, “555 mila spettatori con il 2,16% di share”. Senza rendersi conto che – se ancora qualcuno oltre ai pubblicitari crede che queste cifre rispecchino la realtà – il flop non sarebbe di Baricco, bensì del livello culturale del Paese. C’è chi liquida “Il Furore narrativo e narcisista di Baricco”. Letteratura e Steinbeck non  c’entrano, come non c’entra un proprio giudizio sul suo lavoro.  E’ la gioia dell’invidia, di una personale antipatia. Avevo un conoscente che sentii più volte ripetere: “Baricco è un bluff. Non ho mai letto e mai leggerò un suo libro”. E l’ultima parte era vera. Lo incontrai al cinema e quando uscimmo, finita la proiezione della Leggenda del pianista sull’Oceano, ribadì il suo astio senza altre fondamenta che l’invidia: “Non ai Baricco dovrebbero dare i premi, dovrebbero dare il Nobel a chi ha scritto questa storia”.

E’ un mondo dalla tristezza immensa quello dove è normale dar giudizi  senza conoscere neppure in modo vago ciò di cui si parla, dove il merito dipende dai numeri e dai “mi piace”, dove si gioca tutto il giorno con una tastiera ma non si perdono due minuti su Google per sapere che cosa si va a vedere al cinema, dove non si cerca su Wikipedia chi cavolo era quel tizio del quale parleranno in tv. Un tempo non c’erano vie di mezzo:  colti di qua, analfabeti di là, tra loro fortunati che avevano imparato un poco a leggere e scrivere. Oggi se non la cultura tutti hanno a disposizione informazioni che potrebbero accendere curiosità. Eppure non se ne sente il bisogno, salire è faticoso, meglio essere tanti a piano terra.

Racconta tutto di una società triste un giovane (una trentina d’anni) ascoltato in un bar. Tornava da una crociera con la moglie. Disse che era splendida la nave, tanto e buono il cibo, belle le piscine, il night. Unica pecca del viaggio: “Ogni tanto rompevano le palle per farti scendere a visitare Tunisi o Marsiglia”.

Ecco il buco nero ( che non chiama disprezzo ma pietà): è dove si gode per il 2,16 % di share (della cultura o di uno scrittore) anziché preoccuparsi per il Paese che culla la propria ignoranza, è dove si ha paura che qualcosa turbi il vuoto-culla nel quale nasce il rancore ingolfato verso tutti coloro che sono diversi da quel buio, nel quale nascono il razzismo, l’omofobia, lo spregio per la donna, prima a parole e poi con i fatti. Scrisse Ivo Andric: “Certi uomini riescono ad avere odi ed invidie infondate che sono più grandi di tutto quello che gli altri uomini possono creare”.