Preghiera da una zattera di pietra

Questa preghiera è per tutti voi che urlando “prima gli italiani” vi agitate su una zattera che vi pare solida, perché di rocce, boschi, case, banche, ronde, spot, vacanze. E invece scivola in un buio profondo

Per voi che all’angolo della via comprate una bustina di svelta dal gigantesco senegalese e vi guardate alle spalle pensando “non venite a rompere adesso, sbirri del cazzo”. E domani direte in ufficio, agli amici, ai figli: con tutti quegli spacciatori hai paura ad uscire di casa.

Per voi che lungo il fiume affittate una nera o un’albanese e poco più in là aprite i pantaloni, le abbassate la testa e mentre la testa ondeggia le carezzate la cicatrice lasciata sulla guancia dalla coltellata d’un magnaccia. E domani direte in ufficio, agli amici, ai figli: con tutte quelle troie non puoi nemmeno portare fuori in pace il cane la sera.

Per voi che dall’amico fidato comprate un gioiello, penumatici, il rame per la grondaia rubati nottetempo dai rom, orgogliosi d’esser furbi e aver fatto un affare. E domani direte in ufficio, agli amici, ai figli: si vada con le ruspe sui campi di quei parassiti velenosi.

Per voi che la sera sbavate sui soldi dell’affitto in nero di africani, indiani, macedoni, albanesi per un alloggio o per otto ore d’un letto in una mansarda, “e sui turni vedetevela fra voi”. E domani direte in ufficio, agli amici, ai figli: scendiamo in piazza, stanno prendendosi la città.

Per voi che addentate frutta e verdura raccolta da schiavi neri sotto l’occhio dei mafiosi, sotto le pallottole se non obbediscono, e mentre addentate guardate al tg con schifo le barche affollate nel canale di Sicilia. E domani direte in ufficio, agli amici, ai figli: vengono grassi, firmati, coi telefonini a rubarci il lavoro.

E’ per voi questa preghiera. Per voi che non volete “vedere bambini sui gommoni”, ma non siete turbati all’idea che traversino deserti e muoiano in lager libici. Per voi che applaudite la “carretta” che affonda, un corpo che si affloscia nell’acqua o su una spiaggia, una fucilata sul ponte, un porto sprangato.

Per voi è questa preghiera a un Dio, che sia ebreo, cristiano, musulmano, quel che lui preferisce. Questo Dio vi ascolti, vi comprenda, vi accontenti. E vi doni un gigantesco schermo davanti al quale vivere in eterno, guardando i i vostri figli e le vostre figlie (non quelli veri, incolpevoli d’esser nati da voi, soltanto le loro immagini) che si riprendono la vita rubata dai profughi: nella fame, sulle mine, sotto le bombe, con la testa china sulle brache aperte d’un vostro amico, all’angolo a vender droga, a farsi frustare, sgozzare, sparare dai loro “padroni”. Mentre un coro ripete: prima gli italiani.