Trafficanti di uomini e pusher d’ipocrisia

I contadini sanno che  certe cimici, pur facendo un po’ schifo, sono utili all’orto. Lo stesso vale per i trafficanti di uomini, che fanno schifo ma sono utili per arginare la pietà.

I trafficanti di uomini, con il loro giro d’affari, fanno del bene alla Libia. Fanno del bene anche alle destre europee perché con i loro carichi rendono eclatante una migrazione inevitabile e consentono di fomentare reazioni popolari buone per il voto. Fanno bene ai governi deboli, che in Europa contano poco, come il nostro, perché possono,  “alzando la voce” una volta, far credere che argineranno un Vajont mondiale e soprattutto possono vestire di intenti legalitari l’abbandono di bambini e donne incinte su navi delle Ong. Fanno bene alle campagne elettorali, perché senza le Ong e i grandi numeri, piccoli gommoni che affondano e corpi che annegano commuoverebbero anziché dilatare a dismisura il senso di insicurezza e paura verso la disperazione di gente in fuga.

Se davvero una parvenza di governo libico avesse voluto collaborare, anziché intascare soldi per aprire lager, non sarebbe stato difficile concordare una battaglia nella quale l’intera Europa, con la sua potenza, si dedicasse ai trafficanti. Per tutelare donne sfruttate – e non per togliere spettacoli dalle strade – la Procura della Repubblica e la Questura di Torino inviarono anni fa personale di spessore e coraggio a indagare direttamente in Nigeria.

La prova di forza del governo italiano su Aquarius è stata identica a uno spot della Mattel su Ken. Tutte e due hanno funzionato:  vediamo sciagurati sottoporsi a deturpamenti chirurgici del corpo per somigliare al muscoloso fidanzato di Barbie; e vediamo gente che senza propaganda era umile e altruista e ora gioisce per una tribolata navigazione, augura sui social annegamenti in massa. Ma questo spot è stato anche, per i più pignoli, una pubblicità opposta alle intenzioni: per fermare i cattivi trafficanti ce la prendiamo con i più deboli. Su questa via avremo leggi così fatte: tagliate il naso ai consumatori di cocaina per isolare gli spacciatori, il pene ai clienti di prostitute per sfrattare i protettori, bruciate le librerie per non umiliare chi non ha voglia di leggere, segregate i bimbi obesi o timidi per evitare il bullismo,

L’attuale italiano fa il duro in casa e non è in grado di presentarsi in Europa e mostrare lì il suo coraggio: sveltiremo le pratiche dei richiedenti asilo, in un mese li accoglieremo e li riverseremo ovunque legalmente. Invece, come il compagno di classe debole, si aggrappa alla giacchetta dei più prepotenti. E, intanto che i cittadini apprezzano i presunti muscoli, intanto che il presidente di rappresentanza va in giro a metter pezze subito smentito (“Abbiamo dialogato serenamente”, “la Francia stia attenta”), a un’Italia carica d’altri problemi non ci pensa né chi deve risolverli né chi li patisce. Si rincorre esultando l’uomo che mostra il cerchio di fuoco. Almeno quel poveraccio di Achille Starace aveva l’onesto furore di buttarcisi dentro pure lui.

Salvini pensa al  potere interno, condividendo il futuro con un imprenditore, Davide Casaleggio, il quale lascia – per calcolo se non è un ingenuo – che il presunto leader Di Maio, con i suoi tronfi e scombinati fedeli, faccia da portatore d’acqua al socio di minoranza. Il Movimento 5 stelle, cresciuto grazie alla protesta, all’invocazione popolare a  voltar pagina, travasa ogni giorno il suo consenso nei serbatoi del capotribù che trascina in emozioni senza riflessione. Beppe Grillo, uomo contro i poteri e dai poteri cacciato, forse per rivalsa  ha fondato il serbatoio di un Potere che si affida al gregge, alla mandria più che alla fiducia pensata.

Il Potere promette protezione. Giura che ci tutelerà dalle “navi” che portano cibo. Sempre navi., fanno più effetto dei Tir.  Salvini non ha fatto cenno a giocattoli cinesi cancerogeni (la salute fu tema caro ai 5 stelle), a giocattoli che esplodono. Perché è un debole: governo e mafia cinese potrebbero chiedergli come farà a fermare tre o cinque milioni di cinesi qualora decidessero di farli partire tutti insieme, invece di contingentare l’emigrazione come fanno proprio per non darne la percezione.

Ci si allarma, si arretra, ci si inalbera di fronte all’uso di termini come fascismo o ignoranza, che sanno di antico male o di nuovo disprezzo. Ma non c’è disprezzo, quando si parla di ignoranza, non legata al titolo di studi superiore, ma al disinteresse per i contenuti. Diceva Joseph Conrad: “Non riesco a capire l’utilità di una mente non curiosa”. Senza curiosità, senza pretesa di voler conoscere il vuoto sotto uno slogan, si fa del male a se stessi, ci si affida all’uomo forte del momento – che se ne frega dei giovani disoccupati, degli italiani in coda per due anni all’Asl – e promette non benessere ma nemici. Non c’è disprezzo per chi si fa trascinare, proprio come alle sorgenti del fascismo, c’è dolore per le persone e per il futuro. Diceva Marcel Proust: “L’istinto d’imitazione e l’assenza di coraggio governano la società come le folle”.

Il tessuto sociale, pigro e avvezzo ad affidarsi all’uomo che urla, si sta facendo fascista più o meno a sua insaputa, comprando certezze a scatola chiusa, insulta chi la pensa diversamente, si adegua al clima . E in quel clima  applaudirà come risolutive leggi drastiche: abbattere monumenti storici per evitare che turisti si siedano a far merenda, arrestare i genitori dei gay perché non li hanno “drizzati quando era ora”, vietare la candidatura a chi ha una laurea perché potrebbe sembrar saccente agli altri, togliere dalla Treccani la parola zingaro, e dopo una semplice parola abolita il cammino si fa più facile… Con le masse osannanti, fino a che per una frase, un equivoco, un parente, non saranno più tra i santi giustizieri ma tra i reietti.

Scrisse AlbertoMoravia: “Certi ragazzini discoli, appena vanno a scuola e imparano a scrivere, la prima cosa che fanno è coprire i muri con le parolacce (…) Non dovrebbe bastare istruire la gente, ma bisognerebbe anche insegnargli come fare uso dell’istruzione”.