Cottarelli, l’economia non è un gioco

La storia professionale di Carlo Cottarelli (docente, direttore del FMI, Commissario straordinario per la revisione della spesa) può dar fastidio a economisti improvvisati, saccenti senza sapienza, giocatori delle tre carte. Ma lui né vuol essere la Verità Unica né vuole spaventarci. Anzi: nel saggio I sette peccati capitali dell’economia italiana (Feltrinelli, dodici edizioni in un anno) ci accoglie con un attualismo scambio di battute tratto da un film del 1959. Dice Aldo Fabrizi: “Lei deve scusarci ma noi facciamo il nostro dovere”. Replica Totò: “E le pare una cosa corretta questa?”.

Nessuno sospetti il libro di polemica con l’attuale maggioranza: è stato scritto e pubblicato prima delle elezioni del 2018 ed è un’analisi – storica, presente e futura – di percorsi, trappole, errori datati o recenti, elementi ignorati, sottovalutati o mistificati, esigenze per uno sviluppo solido e insidie che sviano verso crisi, recessione, disastro. Sul fondo, una verità da non scordare: l’economia spesso richiede scelte i cui effetti sono dilatati nel tempo, la politica predilige scelte con un effetto emotivo  immediato sul prossimo voto.

 I sette peccati capitali non è un manuale, è un viaggio nei meccanismi fondamentali per gli esperti ma anche – se resi comprensibili – per i poco avvezzi alla materia che vogliano un giorno capire che cosa sta loro accadendo: cifre, percentuali, confronti negli anni in Italia o con altri Paesi sono lo strumento che fa comprendere dove hanno condotto e dove porteranno le decisioni, chi pagherà e come pagherà le conseguenze. Con un grande merito dell’autore: non è disinvoltamente arroccato su un linguaggio per addetti, dato per scontato, rende invece i termini tecnici e le correlazioni fra l’uno e l’altro concreti come quelli che si usano per fare i conti di casa.

I sette peccati capitali dell’economia italiana (alcuni molto nostri, alcuni condivisi con altri in epoche diverse) che Cottarelli individua sono: Evasione fiscale, Corruzione, Eccesso di burocrazia, Lentezza della Giustizia, Crollo demografico, Divario tra Nord e Sud, Difficoltà a convivere con l’euro. Ma non li impugna per fare la morale a un Paese debosciato, non elenca i mali per gridar “vergogna”. Cerca le cause storiche e le derive più recenti, indaga le conseguenze di ciascun fenomeno sull’economia e la connessione fra l’uno e l’altro, il lavorìo con il quale uno accresce l’altro. Di evasione fiscale e corruzione, per esempio, indica le molte sorgenti (accanto, certo, all’egoismo e alla cecità del singolo), ma non pontifica su una generica ed esasperata severità penale che, senza mutar sistema, finirebbe per essere di carta e non di sbarre in un ordinamento nel quale la Giustizia – pur con sforzi per snellirla – si disperde in un colossale delta di soluzioni.

Nel discorso sul crollo demografico rientra anche quello sugli stranieri. Però nessuno s’aspetti il dibattito su respingimenti o accoglienza per scelta politica. Qui è affrontato analizzando il mercato del lavoro, la produttività, gli investimenti, studiando una bilancia che ha sui piatti la caduta delle nascite e la forza lavoro straniera, senza ideologia così come senza sfruttamento.

Cottarelli è persona garbata e perdonerà un accostamento irriverente verso il suo curriculum e il suo lavoro: se noi prendiamo una teoria economica, una sintesi di un provvedimento, una previsione di benefici portati da una scelta (passata o presente) e poi li confrontiamo con le pagine minuziose di questo libro ci accorgiamo stupefatti di come il contenuto di taluni di quei tweet o post incidano sull’economia e sul nostro benessere come incide sulla vita dei fondali marini lo striscione pubblicitario appeso a un aliante in volo davanti alle spiagge (o di come l’aereo possa invece sganciare una bomba).

L’economista non può indicare i peccati e ritrarsi di fronte al lei che farebbe? Cottarelli non si sottrae. Ma prima di avanzare una terapia si assicura che noi abbiamo ben capito le macchie sulla Tac di un peccato capitale come fosse un corpo. E lo fa, val la pena ripeterlo, con una pazienza, un’imparzialità e una chiarezza che consentono a tutti di capire quello che non hanno potuto, saputo o voluto capire prima.