Sotto gli occhi e attraverso la penna di Guido Ceronetti, morto ieri a Cetona, passavano secoli di cultura indagati con sapienza e passava la quotidianità spicciola elevata a simbolo della più pericolosa delle armi create al mondo: l’uomo.
Pareva impossibile che i toni spesso apocalittici, la raffinata veemenza, l’intransigente visione di tanti suoi scritti provenissero da quella figura minuta, gentile, con lo sguardo fanciullesco. Di “filosofo ignoto” parlò l’anno scorso in una bella intervista di Bruno Quaranta per La Stampa in occasione del novantesimo compleanno (“novant’anni di solitudine”), festeggiato con il suo Teatro