Tg, mezz’ora di “superaggettivi”

Tg, uno a caso, del 24 maggio 2017. In pochi minuti una “spietata esecuzione” e due “brutali aggressioni”. Cambiando canale, una “violenta aggressione” e un “efferato delitto”. L’ “inaudita violenza” è un refrain.

Al di là del fatto che non spietata potrebbe essere soltanto un’eutanasia (comunque non esecuzione) e che è difficile compiere a carezze un pestaggio, al di là insomma dell’ovvietà, diventano stucchevoli la ripetizione e la scarsa fantasia dei rafforzativi. I quali, anzi, finiscono per togliere potenza alla notizia, rendendola di routine. Diverso sarebbe: tempestato di pugni fino a ridurlo in coma.

Eppure ormai il matrimonio tra aggettivo e sostantivo è tanto tenace da costituire un tutt’uno. Così come, a forza di rafforzare, non ci sono più processi, testimoni, sentenze, ma megaprocessi, sentenze choc, testimonianze choc (anche se il poveretto dice: “Veramente guardavo dall’altra parte, ho sentito solo spari”), supertestimoni, superscandali. Vien da rimpiangere il cronista degli Anni ’70-’80 che, a ogni pistolettata, attaccava l’articolo con “l’odore acre della cordite” che riempiva l’aria.

Rispetto a questa nenia di aggettivi sono simpatici, fanno tenerezza e si fanno volentieri perdonare gli strafalcioni che Cesare Marchi raccolse nel suo Quando l’Italia ci fa arrabbiare (Rizzoli, 1991). Il Giornale (16 settembre 1989) fece entrare in campo Tacconi “imbottito di antianalgesici” (per annullare i calmanti prescritti dai medici e poter soffrire?). Da La Notte (6 febbraio 1990): “Tempo di piogge umide” (una rarità rispetto a quelle asciutte?). Sull’Adige di Trento (6 giugno 1990): “Manca l’acqua nell’Avisio e i pesci muoiono annegati”. E Raitre (8 febbraio 1990) batté tutti con un miracolo di resurrezione multipla e di “inaudita” violenza: “Per la terza volta un immigrato di colore è stato ucciso nella campagna di Caserta”.